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Povertà educativa, contrastarla genererebbe fino a 48 miliardi di Pil

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L’Italia, nel 2024, si è confermata agli ultimi posti in Europa per numero di minori che vivono in povertà assoluta, persone a rischio povertà ed esclusione sociale, Neet, competenze (anche digitali) e abbandoni prematuri degli studi.

Garantire un’istruzione a tutti i bambini non è solo un dovere morale dello Stato, in un Paese sempre più povero e con meno competenze (comprese quelle digitali). Contrastare un problema sempre più diffuso, come la povertà educativa, consentirebbe anche di migliorare l’economia del Paese nel suo complesso, generando fino a 48 miliardi di euro di Prodotto interno lordo (Pil) aggiuntivo, riducendo allo stesso tempo anche il numero di persone a rischio di esclusione sociale.

È quanto emerge da un’analisi realizzata dal Teha Group insieme alla Fondazione Crt nell’ambito del Forum Ambrosetti a Cernobbio. A presentarne i risultati è stata la professoressa Maria Chiara Carrozza, docente ordinaria di Bioingegneria industriale all’Università di Milano Bicocca. Lo studio parte da alcuni dati decisamente allarmanti per l’Italia: oltre 1,3 milioni di minori vivono in povertà assoluta (con un aumento del 47% negli ultimi dieci anni), quasi un giovane su dieci abbandona prematuramente gli studi, abbiamo uno dei tassi più alti sia di Neet (un 15,2% di giovani inattivi, che non studiano né lavorano) che di persone a rischio di povertà ed esclusione sociale (nel 2024, quasi un italiano su quattro, il 23,1%).

E ancora: non abbiamo solo una delle più alte incidenze di Neet, ma siamo agli ultimi posti tra i Paesi dell’Unione europea anche per la perentuale di giovani laureati. L’analisi presentata a Cernobbio mette anche in evidenza che l’ascensore sociale, in Italia, è di fatto bloccato: i percorsi formativi e lavorativi dei giovani appaiono sempre più marcati e definiti dal background socio-economico e culturale delle famiglie di provenienza. Peggiora anche il divario tra Nord e Sud, storicamente molto netto ma ancora in estensione: a livello regionale, quattro Regioni del Mezzogiorno compaiono tra le peggiori cinque di tutta l’Unione europea per la percentuale di rischio di esclusione sociale.

La povertà educativa, sempre più diffusa in Italia e specialmente al Sud, blocca anche la creazione di posti di lavoro (stimati in circa 3,2 milioni) e amplifica il cosiddetto skill mismatch: in Italia mancano oltre due milioni di lavoratori con titolo di studio secondario superiore o terziario (diploma o laurea). Secondo le stime Teha, per azzerare questo gap di lavoratori diplomati o laureati basterebbe formare il 20% dei lavoratori meno istruiti. Oltre alla povertà educativa, l’Italia fa registrare dati preoccupanti anche per quanto riguarda le competenze digitali, che risultano ancora insufficienti: solo il 56% dei giovani italiani fino a 19 anni di età ha competenze digitali di basi, a fronte del 73% della media Ue. Un problema non di poco conto, se si considera che il mercato del lavoro, già oggi, richiede competenze digitali avanzate ne 41,5% dei casi.

Di fronte a questi dati che certificano un Paese sempre più in crisi per economia, istruzione e lavoro, dall’analisi presentata a Cernobbio emerge un suggerimento prezioso: contrastare la povertà educativa consentirebbe di fare passi in avanti in quegli ambiti dove l’Italia ancora stenta a percorrere passi spediti.
Se l’Italia si allineasse alle migliori pratiche europee in termini di inclusione nella formazione, sarebbe possibile creare fino a 48 miliardi di euro di Pil aggiuntivo e ridurre di circa 2 milioni il numero di persone in condizione di povertà ed esclusione sociale. Contrastare la povertà educativa significa non solo garantire un diritto fondamentale, ma anche investire sul capitale umano e sul futuro del Paese” – ha spiegato Maria Chiara Carrozza – “L’innovazione tecnologica e l’AI-learning sono un’opportunità per colmare i divari, ma serve una strategia nazionale coordinata, sostenuta da riforme, governance integrata e strumenti di monitoraggio chiari“.

Teha Group e Fondazione CRT hanno anche avviato un percorso che comprende uno studio strategico con indicazioni di policy nazionali e progetti pilota su base regionale, che partiranno da Piemonte e Valle d’Aosta.
La povertà educativa non è solo una privazione individuale, ma un limite che condiziona il futuro collettivo. Accompagnare la crescita delle persone significa rafforzare le basi democratiche, economiche e culturali del Paese, perché chi non ha accesso a un’istruzione completa rischia di restare escluso dai nuovi strumenti e dalle competenze che plasmeranno il lavoro e la vita collettiva di domani” – il punto di Anna Maria Poggi, presidente di Fondazione CRT – “In questo contesto, la risposta non può che essere corale: istituzioni, comunità, imprese e fondazioni sono chiamate ad agire insieme per trasformare un’emergenza sociale in un investimento sul futuro“.

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