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Canapa industriale, come salvare la filiera?

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L’articolo 18 del nuovo Decreto Sicurezza, se approvato, metterebbe immediatamente fuori gioco, e fuorilegge, una filiera che occupa 30 mila persone e genera oltre due miliardi di euro all’anno. Il tutto, senza deroghe, flessibilità, ristori o ammortizzatori sociali. Un provvedimento puramente ideologico, incostituzionale e incompatibile anche con il diritto Ue. 

Una filiera che dà lavoro a oltre 30 mila persone, con un volume d’affari da oltre due miliardi di euro all’anno, e che rischia di essere bloccata dall’articolo 18 del nuovo Decreto Sicurezza. È quella della canapa industriale o canapa light, interessata da un provvedimento puramente ideologico, incostituzionale e anche incompatibile con il diritto comunitario, dal momento che la coltivazione della pianta viene riconosciuta e regolamentata anche dall’Unione europea, ovviamente a patto che vi sia un basso livello di THC.

Per salvare l’intera filiera, occorre stralciare del tutto o rivedere in gran parte l’articolo 18 del Decreto Sicurezza. Molti operatori economici sono stati o saranno auditi dalle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia, ma hanno già partecipato a diverse conferenze stampa alla Camera dei deputati. Dopo l’approvazione del ddl Sicurezza, infatti, il nuovo decreto di fatto mette fuori gioco, e fuorilegge, migliaia di imprese. E come se non bastasse, il divieto non prevede deroghe, flessibilità applicative, ristori o ammortizzatori sociali.

Per questo, a Montecitorio sono intervenuti in conferenza stampa importanti rappresentanti di associazioni economiche e di categoria, come Coldiretti, CIA – Agricoltori Italiani, Imprenditori Canapa Italia, Canapa Sativa Italia, Sardinia Cannabis e Resilienza Italia Onlus. Compatte e unite, le associazioni chiedono di poter essere ascoltate dal governo o dal Parlamento, cosa che finora non è praticamente mai avvenuta.

Ci sono progetti imprenditoriali che rischiano di essere mandati all’aria e su cui sono stati impiegati tempo, fatica, risorse umane e finanziarie, mutui, investimenti anche su aree interne del Paese, spesso dimenticate e in cui questa coltura è in grado di svilupparsi con grandi risultati. Noi, insieme a tutte le forze di opposizione e anche a qualche voce singola della maggioranza, abbiamo chiesto di ripensarci. L’articolo 18 è un manifesto ideologico e niente di più” – ha spiegato l’onorevole Stefano Vaccari, capogruppo Pd in Commissione Agricoltura – “Non si capisce perché buttare a mare tremila imprese, dichiarandole da un giorno all’altro dei delinquenti, con gli imprenditori che vengono considerati al pari degli spacciatori di droga. Credo che serva un bagno di umiltà e riconoscere che la norma produrrà più danni che utilità al nostro Paese“.

Ricordiamo che rischiamo procedure di infrazione europee e anche ricorsi alla Corte Costituzionale di diverse Regioni che si stanno già attrezzando” – ha aggiunto il deputato del Partito democratico – “Serve davvero provare a rimetter mano in un dialogo con il settore canapiero italiano che, come ci è stato raccontato oggi, chiede dall’ottobre del 2023 la convocazione del tavolo filiera, costituito presso il Ministero dell’Agricoltura ma mai convocato“.

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