Dazi, trattativa no stop, paura in Europa mentre Usa registrano 1° surplus di bilancio

Dazi, trattativa no stop, paura in Europa mentre Usa registrano 1° surplus di bilancio

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Trattare, trattare e ancora trattare. La posizione italiana negli ultimi giorni di negoziati sui dazi alle importazioni Made in Eu imposti dagli Stati Uniti è chiara.

Dopo avere minimizzato per mesi l’impatto dei dazi Usa al 10% sui prodotti italiani, di fronte all’annuncio dell’innalzamento delle tariffe al 30% persino il governo più trumpista d’Europa, quello Meloni, inizia ad accusare il colpo e a perdere fiducia in una soluzione pressoché indolore dei negoziati.

Il ministro Giorgetti lo ha detto chiaramente; sopra il 10% i dazi sarebbero insostenibili per la nostra economia. Anche la banca centrale europea ha affermato che eventuali tassi al 30% pongono un rischio per la stabilità europea.
Posto che la percentuale dei dazi da comminare all’Unione è cambiata talmente tante volte che nessuno ormai scommette su una cifra, le trattative sono più serrate che mai.

Esprime moderata preoccupazione anche il ministro Francesco Lollobrigida, il titolare del Masaf ha ricordato che in ballo non c’è soltanto l’economia ma che proprio il benessere economico costituisce uno strumento contro le derive autocratiche: “Le criticità non vanno superate con un braccio di ferro insensato, in cui a un errore si risponde con i contro-dazi. Perché le nostre imprese esportano e importano anche dagli Usa, e perciò pagherebbero due volte il dazio. Nessuno dei nostri imprenditori crede che sia utile creare un conflitto commerciale con gli Stati Uniti, poi vanno aperti nuovi mercati, ci mancherebbe altro

Intanto da Bruxelles fanno sapere che il commissario per il Commercio, Maros Sefcovic, è pronto ad andare a Washington per nuovi colloqui. La nuova scadenza per le trattative è stata fissata al 1 agosto. Di giorno in giorno si susseguono dichiarazioni del presidente statunitense che si dice più o meno ottimista del buon esito dei negoziati. Un braccio di ferro snervante che ha convinto tanto gli operatori del settore quanto l’opinione pubblica a diffidare degli Stati Uniti.

Va detto però che la politica aggressiva di Trump comincia a dare i suoi frutti, almeno in patria, i dazi a livello mondiale hanno già fruttato 100 miliardi in sei mesi e si stima siano diventate la quarta fonte di incasso per gli Usa. Rimane ancora da verificare quanto sarà grande il contraccolpo dell’inflazione statunitense una volta che tutti i dazi saranno entrati in vigore.

L’Unione intanto ha già pronto un pacchetto di controdazi da 21 miliardi che scatterebbero il 6 agosto. Tra i prodotti nel mirino dell’Ue: carni bovine e suine, alcuni componenti legati ai Boeing e il bourbon del Kentucky. A quel punto sarebbe scontro totale poiché Trump ha già avvertito che dei nuovi dazi europei sarebbero accolti con un raddoppio di quelli statunitensi, che salirebbero così al 60%. Di fatto il mercato Usa sarebbe precluso ai prodotti europei.

E proprio all‘apertura di nuovi mercati puntano molti settori produttivi per ammortizzare il contraccolpo economico causato dalla contrazione del mercato statunitense che pare ormai inevitabile. Le trattative per il Mercosur appaiono sempre più importanti per la tenuta del sistema Europa. Con l’accordo con i Paesi dell’America Latina le aziende europee avrebbero accesso a un mercato di 280 milioni di consumatori potendo risparmiare 4 miliardi l’anno per la fine dei dazi sui loro prodotti.

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