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Fast fashion, gli attivisti contro il gruppo proprietario di Zara: “Stop ai voli cargo”

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Oltre 26mila attivisti chiedono al gruppo proprietario di Zara azioni concrete per ridurre le emissioni di Co2.

Nel 2023, le emissioni di Co2 legate ai trasporti sono aumentate del 37%, raggiungendo il massimo storico: significa 2.000 kilotonnellate di CO2 equivalente.

La campagna Abiti Puliti con Public Eye e altri gruppi attivisti, in occasione dell’Assemblea generale annuale di Inditex, società madre di marchi come Zara, lanciano un appello agli azionisti del gruppo spagnolo di fast fashion: assumersi la responsabilità per il clima e di mettere l’azienda su una strada ecologicamente sostenibile.

“Il trasporto di articoli di moda per via aerea produce una quantità enorme e del tutto inutile di gas serra – spiegano gli attivisti – Questo è il motivo per cui nel febbraio scorso ben 26.192 persone hanno chiesto a Inditex di fermare la pratica folle di ‘sventolare vestiti’ in tutto il mondo e limitare i danni che ne derivano sul clima. Sfortunatamente, non vi è alcun segno che l’azienda stia cambiando rotta. Al contrario, nel suo ultimo Rapporto Annuale, Inditex non ha presentato alcun piano per riportare la moda con i piedi per terra.

In particolare, le richieste della società civile a Inditex sono:

  • onestà e trasparenza riguardo alla sua impronta di carbonio e di pubblicare i dati sui voli cargo e sulle emissioni;
  • iniziare una rapida e completa eliminazione della moda aerotrasportata, stabilire obiettivi chiari ed elaborare una strategia di eliminazione graduale;
  • riprogettare i sistemi logistici in modo che possano funzionare senza questi voli dannosi per il clima;
  • eliminare la pressione del tempo dal modello di business adottato e pagare ai fornitori prezzi che coprano il costo di una produzione sostenibile, compresi i salari dignitosi;
  • +utilizzare i profitti record per finanziare la trasformazione di Inditex

Public Eye ha pubblicato una ricerca sugli enormi volumi di moda in volo, alla quale Inditex ha risposto sostenendo che dal 2018 le emissioni legate ai trasporti sono diminuite del 13% e, nel 2022, la compagnia ha ridotto il volume delle spedizioni aeree del 25%. Ma c’è il trucco: Inditex ha semplicemente scelto l’anno in cui è capitato di trasportare quantità minori di merci per via aerea, il che è probabilmente dovuto principalmente alla scomparsa della sua importante attività russa in seguito all’invasione dell’Ucraina.

Per questo serve continuare a monitorare le scelte dell’azienda e chiedere che tuteli maggiormente l’ambiente, almeno limitando l’abuso di voli cargo.

REPORT completo QUI

STOP ALLA MODA VOLANTE, firma QUI la petizione lanciata dalla Campagna Abiti Puliti.

La risposta dell’azienda Inditex  

“Da tempo Inditex è impegnata in un percorso che mira alla riduzione delle emissioni del 50% entro il 2030 e del 90% entro il 2040. In questo percorso, il gruppo lavora per il miglioramento costante dei processi e delle modalità operative, non solo nelle attività di trasporto ma anche in tutte le fasi del modello di business: dai materiali che sono utilizzati ai processi necessari per la fabbricazione dei prodotti, fino all’impatto del fine vita dei capi (ulteriori dettagli sono contenuti nel piano di transizione climatica). – afferma l’azienda – In riferimento alla campagna “Abiti Puliti”, Inditex ribadisce il proprio impegno per ridurre le emissioni derivanti dalle attività di trasporto, con un focus prioritario su tre aree di azione:

  1. Ottimizzazione dei carichi spediti
  2. Analisi dei flussi globali per ridurre la distanza percorsa dai nostri capi e promuovere la multimodalità
  3. Integrazione di nuove flotte più sostenibili e a minore impatto ambientale, che utilizzano carburanti e metodi di propulsione alternativi. Ad esempio, già oggi una parte significativa dei voli operati dalla Spagna utilizza carburante per l’aviazione sostenibile (SAF) e nei prossimi mesi questa pratica sarà estesa ad altre rotte. Ciò favorisce la scalabilità dei carburanti alternativi, che possono ridurre le emissioni dell’80%.

In questo modo, il Gruppo è riuscito a ridurre del 97% le emissioni associate alle attività (scope 1 e 2) e a mantenere le emissioni di scope 3 nel 2023 allo stesso livello del 2018, nonostante il forte aumento delle vendite. Le emissioni totali sono state ridotte del 2,3% nel periodo e si prevede una forte diminuzione nei prossimi anni grazie alle misure la cui attuazione è già in corso o in programma.

Il Gruppo è consapevole dell’impatto delle proprie azioni e si pone come esempio per una maggiore sostenibilità di tutto il mondo del Fashion. Per maggiori informazioni sulle misure che l’azienda sta implementando è possibile consultare il sito”.

Il “cotone sporco” di Zara: un’altra inchiesta di Public Eye

Se avete vestiti di cotone, asciugamani o lenzuola di H&M o Zara, probabilmente sono macchiati del saccheggio del Cerrado”.

Questa la denuncia dell’Ong Earthsight, con il rapporto dal titolo Fashion Crimes, secondo cui i due marchi europei sarebbero “vincolati” ad attività illegali di deforestazione su larga scala in Brasile, quali esproprio di terre, corruzione e violenza nelle piantagioni di loro proprietà.

Il cotone certificato come etico dal più grande sistema di certificazione al mondo, Better Cotton, risulterebbe invece “contaminato” da numerosi reati ambientali. QUI per approfondire.

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