Accanto al cibo la normativa colpisce anche il fast fashion, la moda usa e getta.
Il Parlamento europeo si prepara ad adottare in via definitiva una legge contro lo spreco alimentare e tessile, in particolare quello legato al fast fashion, i milioni di capi di abbigliamento a basso costo importati dalla Cina.
Ogni europeo genera in media circa quindici chili di rifiuti tessili all’anno, un settore in cui il riciclo è pressoché inesistente, secondo i dati forniti dall’UE. La gran parte dei vestiti scartati, infatti, finisce in discarica o viene incenerita. Il problema, avvertono gli esperti, non è soltanto ambientale ma anche economico: lo spreco di cibo e tessuti genera miliardi di euro di perdite lungo la filiera e contribuisce in modo significativo alle emissioni di gas serra.
In media, ogni europeo compra più capi di abbigliamento di quanto non facesse vent’anni fa, ma li utilizza per un tempo molto più breve. L’Unione Europea sottolinea in particolare l’impatto della produzione tessile sul consumo di acqua: la produzione di una maglietta di cotone richiede 2.700 litri di acqua dolce (inclusa l’irrigazione agricola), sufficienti a coprire il fabbisogno idrico di una persona per due anni e mezzo.
Accanto al cibo, quindi, la normativa colpisce il fast fashion, anche se, al momento, la legge non introduce divieti diretti o meccanismi fiscali specifici. Secondo un approccio “chi inquina paga“, i produttori del settore dovranno garantire la raccolta, la selezione e il riciclaggio degli indumenti a fine vita e coprirne i costi, ma spetterà agli Stati membri determinare gli eventuali costi che i produttori dovranno sostenere.
La moda “usa e getta”e il fenomeno Shein
Il Parlamento europeo prende di mira la moda “usa e getta”, “fast fashion”, ovvero quei capi d’abbigliamento a basso costo spesso provenienti dalla Cina. Tra i brand più noti spicca la piattaforma di origine cinese Shein, contro la quale la Commissione europea ha aperto a febbraio un’indagine contro l’azienda, sospettata di non contrastare sufficientemente la vendita di prodotti illegali e non conformi alle normative europee.
Bruxelles vuole, inotre, contrastare il massiccio afflusso di piccoli pacchi a basso costo nel suo territorio, con una proposta ancora in fase di valutazione per imporre una tassa di due euro a pacco. L’anno scorso, 4,6 miliardi di pacchi di questo tipo sono entrati nell’UE, più di 145 al secondo, il 91% dei quali proveniva dalla Cina.
La rapida ascesa di due rivenditori di e-commerce fast fashion come Shein e Temu, sta infatti intasando il settore globale del trasporto aereo di merci:i due colossi cinesi sono sempre più in competizione per garantire rapidità nelle consegne ai propri consumatori. Shein e Temu insieme inviano quasi 600.000 pacchi negli Stati Uniti ogni giorno e spediscono quasi tutti i prodotti direttamente dalle fabbriche del paese asiatico indirizzandoli a clienti in tutto il mondo.
Il Senato francesce ha già adottato una proposta di legge destinata a limitare la crescita incontrollata del fast fashion. In questo modo la Francia si candida a diventare uno dei primi Paesi europei a legiferare in modo decisivo contro i meccanismi più dannosi del fast fashion.
Il colosso cinese del fast fashion Shein è stato anche multato per un milione di euro in Italia per pubblicità green ingannevole. Secondo l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm), la piattaforma e-commerce cinese ha utilizzato una strategia di comunicazione ingannevole riguardo all’impatto ambientale di alcune sue linee di abbigliamento, con claim ambientali nelle sezioni #Sheintheknow, “evoluShein” e “Responsabilità sociale”, in alcuni casi vaghi, generici e/o eccessivamente enfatici, in altri casi omissivi e ingannevoli.