Hikikomori, un fenomeno in crescita di cui si parla poco

Hikikomori, un fenomeno in crescita di cui si parla poco

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Nell’ultima puntata di CrescimiTu il tema è stato quello degli hikikomori, anche noti come ritirati sociali volontari, un fenomeno sempre più in crescita anche in Italia

Hikikomori è un termine che nasce in Giappone negli anni ‘90 e veniva utilizzato per descrivere una particolare condizione psicologica di soggetti che decidevano volontariamente di ritirarsi dalla vita sociale e relazionale. È il caso, in particolare, di adolescenti e di giovani adulti di un’età compresa tra i 13-14 anni e fino ai 30 anni. Rimanevano e rimangono chiusi in casa per lunghi mesi ma anche per anni e inizialmente si pensava fosse una condizione esclusivamente legata alla cultura giapponese, ma ben presto ci si è resi conto che riguarda pressoché tutte le realtà dei paesi economicamente sviluppati, Italia compresa.

Cosa significa hikikomori

La parola hikikomori è composta dal termine “hiku” che significa tirarsi indietro e “komoru” che significa chiudersi a chioccia. Ma quali sono le cause che portano i giovani a ritirarsi e a isolarsi? Secondo il dottor Stefano Luca, psicologo e psicoterapeuta “i fattori possono essere diversi, ad esempio possono esserci problematiche legate al carattere, ma insieme a questo possono esserci altre condizioni cliniche, come la depressione o la fobia sociale o altri disturbi di tipo ansioso. Possono esserci cause anche a livello familiare, problematiche come una mancanza di comunicazione, una mancanza di supporto emotivo e problematiche di tipo scolastico. È stato riscontrato come una delle cause importanti che portano all’isolamento sia il bullismo, ma anche cause di tipo sociale in quanto le persone hikikomori sentono, in maniera molto forte, la pressione che la società offre loro in termini di prestazione e di realizzazione”.

Non una sola causa

Come spiega il Dottor Luca, però, non bisogna considerare mai una singola causa. “La condizione hikikomori e di isolamento sociale va vista in un’ottica multifattoriale, non c’è mai una causa singola ma sono tanti i fattori familiari, personali e sociali che vanno considerati. È molto rischioso utilizzare stereotipi o pregiudizi come colpa di internet, colpa della pigrizia, a mio figlio non va di fare niente o cose di questo genere. I social network non sono una causa, sono una conseguenza della problematica e questo è una cosa molto importante da ricordare anche in termini di intervento”.

L’Associazione Hikikomori Italia

Il dottor Marco Crepaldi è uno psicologo ed è presidente fondatore di Hikikomori Italia nata nel 2017 contestualmente all’associazione dei genitori. “L’associazione genitori raccoglie genitori con figli ritirati in tutta Italia e l’associazione Hikikomori Italia, invece, si occupa di creare una rete tra professionisti, in particolare psicologi, che possa offrire supporto diretto anche a chi appunto vive in una condizione di ritiro sociale volontario”.

Come riconoscere l’isolamento volontario

“Tra i criteri che possiamo individuare e che possono farci accorgere che sta subentrando una problematica più importante – spiega il dotto Luca – sono innanzitutto uno stile di vita incentrato sulla casa, una riluttanza, un rifiuto di frequentare la scuola, il lavoro, gli amici e dei sintomi che persistono per almeno sei mesi. È chiaro che bisogna prestare molta attenzione, mi riferisco soprattutto ai genitori, i ragazzi possono avere anche dei momenti in cui non abbiamo voglia di vedere nessuno, ma attenzione a quando il rifiuto dei contatti sociali e relazionali inizia a diventare un comportamento abituale”.

La situazione in Italia

Non abbiamo ancora dei numeri certi su quanti siano i ritirati sociali volontari in Italia, abbiamo una stima soprattutto per quanto riguarda gli studenti delle scuole medie e superiori. Secondo due studi recenti del CNR e dell’Istituto Superiore di Sanità la stima è tra i 50 e i 70 mila casi di hikikomori in fase uno, cioè di studenti che continuano a frequentare la scuola ma che sono isolati per tutto il resto del tempo. Quanti sono invece gli hikikomori, che sono sempre a casa o quasi sempre a casa? “Non lo sappiamo – spiega Marco Crepaldi – la nostra associazione intercetta soprattutto questo tipo di casistiche, nel senso che chi si rivolge a noi è chi di solito ha un figlio che abbandonano la scuola, quindi noi vediamo quelli che chiamiamo in fase 2, cioè nella fase post abbandono scolastico e su quelli non sappiamo quanti sono. La nostra stima va dai 100 ai 200 mila casi in Italia, però non lo sappiamo con certezza”.

Il ruolo della politica

Il Movimento 5 Stelle è intervenuto sul tema, ribadendo l’urgenza di un intervento del governo. Come spiega l’onorevole Antonio Casooltre un anno fa è stata votata una mozione all’unanimità che chiedeva al governo di far qualcosa, di interessarsi al fenomeno. Abbiamo preparato un’interrogazione in cui chiediamo al Governo costa sta facendo a riguardo, perché ovviamente le misure in campo deve metterle soprattutto chi governa. Noi continueremo la nostra azione sui territori e qui in aula proprio per essere un pungolo, affinché si intervenga e non si sottovaluti il problema, addirittura non si banalizzi, perché purtroppo anche da vertici come per esempio il Ministro Valditara abbiamo visto in alcune trasmissioni televisive una banalizzazione del problema, si parla di attaccamento eccessivo al cellulare, ai videogiochi, ai social, in realtà il fenomeno è molto più complesso e caratterizza i problemi che questa società porta ai giovani”.

Puntata completa d CrescimiTu sugli hikikomori

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