ghiacciaio marmolada 2025

Marmolada, il ghiacciaio arretra ancora: “Destinato a sparire entro il 2050”

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Tra il 2023 e il 2024 l’arretramento medio era stato di sei metri, nell’ultimo anno invece è stato pari a sette. 

Il ghiacciaio della Marmolada continua ad arretrare e a ritirarsi, a un ritmo sempre maggiore. L’allarme degli scorsi anni si sta quindi rivelando fondato, e la velocità con cui il ghiaccio si sta assottigliando non lascia presagire nulla di buono. Se nel 2024, rispetto al 2023, il ghiacciaio era arretrato di circa sei metri, nel 2025, rispetto a un anno fa, l’arretramento medio sui segnali frontali risulta di sette metri.

Lo confermano le attività di monitoraggio e misurazione della settima edizione della Campagna Glaciologica Partecipata sulla Marmolada, promossa dal Museo di Geografia dell’Università di Padova. Al progetto hanno partecipato ricercatori dell’Università di Padova, l’ArpaV Centro Valanghe di Arabba, il Comitato Glaciologico Italiano, studenti e cittadini volontari.

L’edizione di quest’anno, come le precedenti, ha consentito di raccogliere dati aggiornati, fondamentali per proseguire il monitoraggio del principale ghiacciaio delle Dolomiti. Dallo stato di salute della Marmolada, sempre più critico, è possibile ricavare dati preziosi per comprendere meglio l’impatto del cambiamento climatico su scala locale.

Venti persone, tra escursionisti esperti, ricercatori e semplici appassionati, hanno partecipato alle attività di monitoraggio del ghiacciaio. I dati confermano il trend degli ultimi anni: nonostante alcune fasi relativamente fresche anche nel periodo estivo (con una nevicata che ha imbiancato il ghiacciaio a fine agosto), l’assottigliamento prosegue inevitabile. A conferma degli allarmi lanciati, tra gli altri, anche da Legambiente, che organizza la Carovana dei Ghiacciai.

I dati raccolti quest’anno confermano il trend degli ultimi decenni e dimostrano che le elevate temperature estive e le ridotte precipitazioni invernali non consentono al ghiacciaio di rimanere in equilibrio. Se la tendenza non verrà invertita, il ghiacciaio è destinato a sparire entro il 2050” – ha spiegato Mauro Varotto, docente di Geografia, responsabile misurazioni della Marmolada dell’Università di Padova e autore del libro ‘La lezione della Marmolada’ – “Ciò che impressiona è soprattutto il progressivo assottigliamento delle fronti, la comparsa di detrito superficiale e finestre rocciose sempre più ampie all’interno del ghiacciaio. Questo non fa ben sperare per l’evoluzione dei prossimi decenni. Il paesaggio glaciale è ormai un relitto del passato che non appartiene più al nostro tempo, se non in forma inerziale“.

Questa campagna ha permesso di osservare le ricadute del cambiamento climatico sull’industria dello sci nei territori ad alta quota. La comparsa di tubi in prossimità delle fronti dimostra che è necessario sparare neve artificiale a quote smpre più alte, per poter avere più giorni di neve a disposizione” – il punto di Alberto Lanzavecchia dell’Università di Padova – “Questo però impatta pesantemente sulla criosfera e sul paesaggio glaciale: i teli geotermici, in particolare, svettano sempre di più dalla superficie del ghiacciaio. Un ‘altare’ alla pratica dello sci, mentre tutto intorno il ghiacciaio viene sacrificato al nostro divertimento e al nostro modello di sviluppo dissipativo“.

I risultati ottenuti ci permettono di aggiornare modelli predittivi sul ritiro dei ghiacciai e di comprendere meglio le implicazioni sulla disponibilità idrica e sulla sicurezza dei territori montani“, ha invece dichiarato Mauro Valt di ArpaV. La Marmolada, da sempre denominata anche ‘Regina delle Dolomiti’, è una montagna preziosa per tanti motivi, ma dal punto di vista naturalistico la sua importanza deriva proprio dalla presenza del ghiacciaio più esteso delle Dolomiti. Il suo destino, però, appare segnato: gli appelli dei climatologi e dei glaciologi, negli scorsi decenni, sono stati pressoché ignorati, fino alla tragedia del 3 luglio 2022, quando il distacco di un seracco causò la morte di 11 escursionisti sotto un’enorme valanga.

Confermiamo il valore della partecipazione attiva dei cittadini, questa settima edizione della campagna ha rafforzato la rete di osservazione condivisa e ha sottolineato quanto sia importante mantenere viva l’attenzione sul futuro dei ghiacciai“, ha invece spiegato Aldino Biondesan, responsabile del Comitato Glaciologico Italiano per il Triveneto. I ghiacciai, come è ormai noto, sono soprattutto una sentinella e uno strumento molto preciso per capire a che punto il cambiamento climatico sta impattando sui nostri territori.

Quello del clima, però, non è il solo problema, come ricorda ancora una volta Mauro Varotto. “Il ghiacciaio continua ad arretrare e a perdere volume, influiscono soprattutto la poca neve invernale o quella tardiva che fonde molto rapidamente nel periodo primaverile. In questo modo, il ghiacciaio non si alimenta e non può rimanere in equilibrio” – il monito del docente dell’Università di Padova – “Si vede sempre più il divario tra la neve coperta dai teli per la pista da sci e la superficie del ghiacciaio. I teli in polipropilene, materiale plastico, rilasciano poi residui anche sul ghiacciaio. Sono efficaci nel mantenere la neve d’annata sulla pista da sci, ma non servono sicuramente a salvare il ghiacciaio. Fino a che punto continuare a mantenere una industria dello sci che dal punto di vista dell’equilibrio ambientale e climatico è sempre più impattante e dal punto di vista dell’energia è sempre più dissipativa?“.

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