In occasione della Festa del Fatto Quotidiano, in programma dal 9 al 14 settembre al Circo Massimo di Roma, un incontro dedicato alla moda sostenibile con Matteo Ward, CEO di Inside Out - Fashion, Textiles and Home, e Sara Sozzani Maino, Creative Director della Fondazione Sozzani e International New Talent and Brands Ambassador della Milano Fashion Week.

Moda sostenibile, l’incontro con Matteo Ward e Sara Sozzani Maino alla Festa del Fatto Quotidiano

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“Solo perchè abbiamo il lusso di uscire di casa e non vedere le montagne di scarti di vestiti che sommergono altri paesi poveri nel mondo non significa che non siamo complici, magari inconsapevoli, di questa tragedia”, Matteo Ward, CEO di Inside Out – Fashion, Textiles and Home.

In occasione della Festa del Fatto Quotidiano, in programma dal 9 al 14 settembre al Circo Massimo di Roma, un incontro dedicato alla moda sostenibile con Matteo Ward, CEO di Inside Out – Fashion, Textiles and Home, e Sara Sozzani Maino, Creative Director della Fondazione Sozzani e International New Talent and Brands Ambassador della Milano Fashion Week.

Dalle enormi discariche di vestiti in Ghana ma anche, senza andare troppo lontano, in Veneto, una delle regioni più colpite dall’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), i cosiddetti “inquinanti eterni”, con i quali vengono realizzati ancora oggi tessuti impermeabili. Il settore della moda è tra i più inquinanti al mondo e a questo contribuiamo, spesso in modo inconsapevole, comprando più vestiti di quanti ne abbiamo davvero bisogno, alimentando fenomeni come quello del fast fashion, la “moda veloce” basata sull’acquisto compulsivo di vestiti a basso costo e scarsa qualità.

“Purtroppo la distanza geografica aumenta la distanza emotiva, ma solo perchè abbiamo il lusso di uscire di casa e non vedere le montagne di scarti di vestiti che sommergono altri paesi poveri nel mondo non significa che non siamo complici, magari inconsapevoli, di questa tragedia, e che non siamo esenti ad essere soggetti esposti a tutti i rischi che sovrapproduzione e sovraconsumo di vestiti portano e arrecano all’essere umano. ha spiegato a TeleAmbiente Matteo WardUno tra tutti i PFAS, sostanze che spesso vengono utilizzate anche nei tessuti per renderli idrorepellenti. Sono inodore, insapore, assolutamente invisibili, si accumulano nel nostro organismo e possono arrecare seri danni alla nostra salute”.

Come quando si parla di cibo e di mangiar sano, anche nel settore dell’abbigliamento serve una “dieta” per un’alimentazione più sana di vestiti, come ha spiegato a TeleAmbiente Sara Sozzani Miano. “Credo che la formazione è fondamentale, non solo nelle scuole, ma giornalmente, cioè creare coscienza di quello che sta accadendo e, quindi, come una dieta alimentare ci deve essere anche una dieta di vestiti. Le persone devono iniziare a capire che devono documentarsi su quello che stanno comprando, che quello che comprano è un’azione e comporta poi ad una conseguenza. Quindi, capire e voler sapere cosa stanno indossando. Il nostro corpo assorbe quello che indossiamo, quindi dobbiamo voler indossare cose che fanno bene e non male”. 

Fast fashion, come combattere la moda veloce

Il Parlamento europeo si prepara ad adottare in via definitiva una legge contro lo spreco alimentare e tessile, in particolare quello legato al fast fashion, i milioni di capi di abbigliamento a basso costo importati dalla Cina.  Al momento, però, la legge non introduce divieti diretti o meccanismi fiscali specifici. Secondo un approccio “chi inquina paga“, i produttori del settore dovranno garantire la raccolta, la selezione e il riciclaggio degli indumenti a fine vita e coprirne i costi, ma spetterà agli Stati membri determinare gli eventuali costi che i produttori dovranno sostenere.

Ogni anno nel mondo vengono prodotte circa 83 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, il 65% dei quali è costituito da fibre sintetiche derivate dai combustibili fossili, mentre ogni secondo l’equivalente di un camion della spazzatura pieno di vestiti viene bruciato, disperso nell’ambiente o avviato in discarica. Tra le principali destinazioni di questa tipologia di rifiuti c’è l’Africa, che nel 2019 ha ricevuto il 46% del tessile usato dall’Unione Europea: per la metà si tratta di indumenti di scarto che finiscono soltanto per inquinare l’ambiente. Sono alcuni dei dati riportati da “Draped in Injustice”, nuovo report di Greenpeace Africa che offre una panoramica sul commercio degli abiti di seconda mano, svelando gli impatti dei rifiuti tessili importati nel continente.

 

Cosa significa davvero sostenibilità della moda? Quando scegliamo un capo di abbigliamento ci domandiamo “chi ha realizzato i miei vestiti”?Ne abbiamo parlato in una precedente intervista con Matteo Ward.

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