Il sogno di colonizzare altri pianeti non è mai stato abbandonato dai centri di ricerca spaziali, grazie ai progressi scientifici l’obiettivo è sempre un po’ più vicino. Tra le difficoltà di colonizzare la Luna o Marte vi è però quella di provvedere al nutrimento dei coloni.
Va in questo senso la ricerca denominata Moon-Rice, a cui collabora l‘Agenzia Spaziale Italiana, per lo sviluppo di una varietà di riso nano adatto ad essere coltivato sulla Luna. Del progetto si è parlato alla Conferenza Annuale della Society for Experimental Biology ad Anversa, in Belgio.
La possibilità di coltivare cibo è cruciale per il successo della colonizzazione. Il cibo fresco è ricco di nutrienti come vitamine, fibre ed antiossidanti, di cui è carente il cibo preconfezionato oggi utilizzato nelle missioni spaziali.
Moon-Rice è un progetto a cui collaborano anche L’Università degli Studi di Milano, l’Università di Roma ‘Sapienza’ e l’Università di Napoli Federico II. La sfida è di sviluppare una varietà sostenibile dal punto di vista delle dimensioni, della produttività e della resistenza. Un prodotto che, potenzialmente, potrebbe poi essere adottato anche sul pianeta Terra, magari in contesti estremi come i deserti, l’Artico, l’Antartico e dove normalmente c’è poco spazio per le coltivazioni.
Marta Del Bianco, biologa vegetale dell’Agenzia Spaziale Italiana ha dichiarato: “Si tratta di affrontare una delle principali sfide che è rappresentata dalle attuali dimensioni delle varietà sulla Terra. Ciò di cui abbiamo bisogno è una varietà super-nana, ma questo comporta delle sfide.”
“Le varietà nane – continua Del Bianco- spesso derivano dalla manipolazione di un ormone vegetale chiamato gibberellina, che può ridurre l’altezza della pianta, ma questo crea anche problemi per la germinazione dei semi. Non sono una linea ideale, perché nello spazio non è necessario essere soltanto piccoli, ma anche produttivi”.
Nei primi 9 mesi del programma sono state isolate linee di riso alte solo 10 centimentri. Contemporaneamente sono stati identificati i geni in grado di massimizzare la produzione e l’efficienza di crescita della piantina. Si valuta anche la possibilità di arricchire il contenuto proteico del riso poiché la produzione di carne non potrà essere efficiente in contesti extraterrestri.
Non sono da sottostimare neanche gli effetti psicologici benefici di coltivare le piante nello spazio: “Osservare e guidare le piante nella crescita fa bene agli esseri umani e, mentre il cibo precotto o pastoso può andare bene per un breve periodo di tempo, potrebbe diventare un problema per le missioni di lunga durata.”
“Se riusciamo a creare un ambiente che nutra fisicamente e mentalmente gli astronauti, – conclude Del Bianco- si ridurrà lo stress e si abbasseranno le probabilità che le persone commettano errori. Nello spazio, il caso migliore di un errore è uno spreco di denaro e il caso peggiore è la perdita di vite umane.”