Social Warning, il progetto che combatte il cyberbullismo

Social Warning, il progetto che combatte il cyberbullismo

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Social Warning è un progetto dell’associazione Movimento Etico Digitale e l’obiettivo è quello di sensibilizzare le comunità sui temi dell’educazione digitale e del cyberbullismo

Social Warning è un progetto che nasce per contrastare fenomeni come il cyberbullismo e per favorire una maggiore educazione digitale, operando su tre target diversi: i giovani, gli educatori e i genitori. La capillarità dell’azione è possibile grazie a una rete di formatori in tutta Italia, che volontariamente sposano la causa e offrono il loro tempo per poter creare delle attività con le scuole e con i genitori, per parlare dei rischi e delle potenzialità del web. Ad oggi in Italia sono circa 300 i volontari dell’associazione, presenti in quasi tutte le regioni e hanno incontrato, fino ad oggi, circa 30.000 genitori e 85.000 studenti

Un nuovo approccio

L’approccio che abbiamo scelto di adottare con Social Warning è diverso, per cercare di agganciare i ragazzi in modo diverso rispetto a quello che era stato fatto fino a questo momento nelle scuole, dove si creava un po’ di terrore rispetto all’utilizzo del web. È importante creare consapevolezza sui nostri giovani, conoscere entrambi i lati della medaglia, sia le potenzialità che i rischi” spiega Sara Verrecchia, formatrice di Social Warning.

Il lavoro di Social Warning sul cyberbullismo

Il cyberbullismo è un fenomeno molto complesso e i numeri in aumento ci dicono che il fenomeno è in crescita. “Penso che come collettività abbiamo il dovere di formare i nostri ragazzi e di creare degli adulti che siano consapevoli dell’uso del digitale, perché spesso mi trovo proprio a chiedere che cosa significa utilizzare il digitale ai ragazzi e nasce sempre questa discussione tra saperlo usare e farne un uso consapevole, sicuro e produttivo. Quindi non è detto che saper utilizzare il digitale significhi poi saperlo usare consapevolmente” spiega ancora Sara Verrecchia.

La partecipazione dei ragazzi

Sara Verrecchia sottolinea l’importanza del lavoro nelle scuole, in particolare la partecipazione dei ragazzi al dibattito sul tema: “L’esperienza di vedere i ragazzi rispondere e avere la voglia di creare un dibattito su questo tema,  mi rincuora molto, seppur i numeri mi preoccupano, perché vuol dire che i ragazzi hanno la necessità di parlarne, vogliono un confronto. Poi sta a noi adulti e formatori scegliere che tipo di confronto portare in classe. Poi la forte richiesta da parte degli istituti o dei ragazzi stessi nelle assemblee o in momenti più informali mi fa capire che l’esigenza esiste, che c’è la volontà di parlarne”.

Cosa fare nelle scuole?

Secondo Social Warning, per agire in modo davvero efficace nelle scuole, è necessario creare dei percorsi che non siano spot o limitati nel tempo, ma che siano qualcosa di strutturato e continuativo, quindi che si possa garantire una crescita allo studente o alla studentessa. “Anche perché oggi nessun lavoro può eliminare il digitale. Quindi tutti ci troviamo a contatto con il digitale in un qualsiasi momento della nostra vita e questo ci deve dire che non soltanto i ragazzi devono saperlo usare, ma devono saperlo usare anche in un modo produttivo che possa poi portare dei benefici anche nel loro prossimo futuro lavorativo”.

L’esempio dei genitori

Un aspetto cruciale, nell’utilizzo del digitale, è l’esempio che forniscono i genitori che però non sempre assumono comportamenti corretti, come lo sharenting o l’abuso dei device: “Probabilmente questa pratica nasce proprio dalla mancanza di consapevolezza sull’educazione digitale, perché non credo nella malafede di un genitore nell’esporre il proprio figlio online, ma credo che non sempre si valutino tutti i rischi che si possono correre facendo questo. Quindi probabilmente essendo il digitale molto veloce anche c’è poca riflessione dietro”.

Il tema del consenso

Un altro concetto chiave su cui Social Warning interviene è quello del consenso: “Si parla sempre di più di consenso su vari ambiti ed educhiamo i nostri giovani al consenso. Quindi è importante dare l’esempio anche da parte nostra, in quanto genitori o in quanto adulti, e che teniamo conto del consenso. Se per esempio un minore non può dare il consenso probabilmente non è il caso di fare questa pratica”.

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