“Ci sono diversi esempi molto importanti che raccontano come c’è una generazione di tarantine e tarantini che non è scappata a causa dell’Ilva, ma che vuole rimanere a vivere e a lavorare nella propria città”. Intervista alla giornalista Rosy Battaglia.
“Taranto chiama” è il documentario-inchiesta della giornalista e regista Rosy Battaglia, e racconta la storia di due città di mare, Trieste e Taranto, che hanno in comune la lotta dei cittadini per il diritto alla salute.
Un lavoro durato quasi un decennio di riprese che ha raccolto le voci di madri che lottano per la vita dei propri figli, ma anche medici impegnati a contrastare gli effetti dell’inquinamento sui bambini.
L’idea nasce dal progetto di civic journalism, Cittadini Reattivi, su salute, ambiente e legalità, e ricostruisce la solidarietà tra i popoli inquinati, le storie di chi è andato via ma, soprattutto, di chi ha deciso di restare.
“Taranto e Trieste sono due bellissime città di mare che hanno però in comune un grave fatto che non possiamo dimenticare e, come dico nel documentario, non possiamo nascondere la polvere sotto il tappeto. – spiega a TeleAmbiente Rosy Battaglia – Sono identificate come le aree più inquinate del nostro Paese. Lo sono state e lo sono a causa di alcuni insedimenti industriali. Nel caso di Trieste, la Ferriera è stata abbattuta a settembre del 2022, chiusa durante la pandemia nel 2020. Mentre a Taranto, il maggiore emettitore di emissioni e di anidride carbonica d’Italia, e quasi d’Europa, l’acciaieria Ilva è ancora, come sappiamo, operante”.
“Il film parte da Trieste con uno slancio di solidarietà e generosità da parte di uno dei comitati che aveva lottato per chiudere la Ferriera. Tutto questo mi è stato reso noto all’interno della comunità di ‘Cittadini reattivi’ durante la pandemia, che avrebbe devoluto tutto quello che era rimasto alle associaizioni più attive a Taranto. Questa storia parte così, ed è stato l’escamotage per ritornare a Taranto dopo che c’ero stata per tanti anni e tante inchieste, a partire dalle mamme che si battono per la salute dei propri figli. Uno dei primi fotogrammi è dedicato a una di queste madri che chiede perchè deve essere costretta ad allattare il proprio figlio sapendo che il proprio latte contiente diossina“. E aggiunge: “Ci sono diversi esempi molto importanti che raccontano come c’è una generazione di tarantine e tarantini che non è scappata a causa dell’Ilva, ma che vuole rimanere a vivere e a lavorare nella propria città“.
Trailer “Taranto chiama”
Il film esce in uno dei momenti più nevraglici della storia di questa comunità e di questo impianto. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, d’intesa con il presidente della Regione Puglia e su sollecito del sindaco di Taranto, ha convocato una riunione alla presenza di tutti gli attori istituzionali nazionali e locali, sottoscrittori dell’accordo interistituzionale per l’ex Ilva, che si terrà il 15 luglio.
Due giorni dopo è prevista invece la conferenza dei servizi propedeutica al rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) dello stabilimento ex Ilva di Taranto, originariamente convocata dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica per domani (10 luglio).
“Nonostante decine di decreti salva Ilva, l’impianto non si è quasi mai interrotto. – spiega Rosy Battaglia – Il film termina con uno degli incidenti gravissimi che è accaduto a maggio dell’Altoforno1, stato riaperto e inaugurato proprio dal ministro Urso il 15 ottobre. Questo è un momento importantissimo che vede una nuova amministrazione, ma il nastro si è riavvolto. Lo Stato si riavvia forse a una nazionalizzazione, visto che al momento non ci sono acquirenti stranieri che comunque dovrebbero acquistare un impianto che sta cadendo a pezzi, come dimostrano le manutenzioni continue e gli incidenti in corso. Dall’altra parte, una popolazione che non ha nessuna garanzia, nè di lavoro nè di tutela della salute. Circolano documenti sull’AIA con dati agghiaccianti: se non si calcolano come zone di esposizione i parchi, i giardini dove giocano i bambini del quartiere dei Tamburi, direi che non ci sono parole. Il documentario fornisce un quadro molto chiaro per chi ingorna cosa è successo a Taranto, uno spaccato a 360 gardi su cosa è in gioco in quella città e perchè ci riguarda tutti”.