wwf pil sussidi

WWF: “Il 7% del Pil mondiale in sussidi dannosi per l’ambiente”

Tabella dei Contenuti

L’ong ambientalista rilancia i dati dell’ultimo Living Planet Report e chiede al governo italiano di partecipare ai negoziati della COP16 in corso a Roma.

Un vero e proprio paradosso, denunciato puntualmente dal WWF. La crisi climatica, con tutte le sue conseguenze, e altre emergenze ambientali come la perdita di biodiversità impattano notevolmente sul Pil mondiale, eppure si continua a finanziare quelle attività assolutamente dannose per il Pianeta. Che hanno conseguenze gravi anche dal punto di vista economico: oltre la metà del Prodotto interno lordo di tutto il mondo (il 55%, pari a 58 mila miliardi di dollari), dipende dalla natura e dai servizi ecosistemici. Nonostante questo dato, prosegue un po’ ovunque lo sfruttamento insostenibile delle risorse naturali, il degrado ambientale e il ricorso a sostanze climalteranti nelle attività umane.

Il WWF, in occasione della COP16 sulla biodiversità attualmente in corso a Roma, è tornato a sottolineare i tanti dati presenti nel Living Planet Report presentato nello scorso ottobre. Uno di questi è piuttosto significativo: il 7% del Pil mondiale (circa 7.000 miliardi di dollari) viene investito per sussidi dannosi per l’ambiente, in finanza privata o in incentivi fiscali che vanno a finanziare quelle attività responsabili del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e del degrado degli ecosistemi.

Nel Living Planet Report del WWF, inoltre, viene affrontato il tema della possibilità di riportare in equilibrio la bilancia del nostro sistema finanziario globale, in modo da raggiungere gli obiettivi climatici, quelli sullo sviluppo sostenibile e quelli legati alla natura. Il report suggerisce infatti che se il 7,7% dei flussi finanziari negativi fosse reindirizzato, sarebbe possibile colmare il deficit di finanziamento per soluzioni basate sulla natura, sul clima e sul benessere umano, come ad esempio la protezione, il ripristino e la gestione sostenibile delle risorse. Quel deficit di finanziamento diventa ancora più ampio se si considerano le misure di transizione energetica che puntano a contenere entro 1,5°C il riscaldamento globale. Nel biennio 2021-2022, i finanziamenti globali per il clima hanno sfiorato i 1.300 miliardi di dollari totali, soprattutto grazie a finanziamenti per le energie rinnovabili e per la mobilità sostenibile, ma servirebbero almeno 9.000 miliardi di dollari all’anno fino al 2030 per riuscire a implementare misure efficaci di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico.

Il quadro che emerge dal Living Planet Report del WWF è quello di una lotta impari tra la sostenibilità e i sussidi dannosi per l’ambiente. Un’ulteriore evidenza arriva dall’agricoltura: la transizione verso un sistema alimentare sostenibile richiede un aumento della spesa (pubblica e privata) tra i 390 e i 455 miliardi di dollari ogni anno, un importo inferiore a quanto speso in media dai vari goveri per sussidi agricoli dannosi per l’ambiente.
Anche l’IPBES, la piattaforma intergovernativa dell’Onu che valuta lo stato della biodiversità e dei servizi ecosistemici per promuovere un’interfaccia tra scienza e politica, suggerisce che un’azione immediata per la biodiversità potrebbe generare, entro il 2030, un valore di oltre 10 trilioni di dollari e 395 milioni di posti di lavoro a livello globale. Ritardare le misure a favore della biodiversità, invece, potrebbe addirittura far raddoppiare, nel corso di un decennio, i costi rispetto a quelli stimati oggi.

Tutte le attività economiche hanno un enorme impatto sulla natura, sul clima e sul benessere umano. Il settore finanziario guida l’economia ed è una leva estremamente potente per cambiare il modo in cui opera e chi ne beneficia. Reindirizzare i finanziamenti dalle attività dannose verso modelli e attività che contribuiscono agli obiettivi globali su natura, clima e sviluppo sostenibile, è essenziale per garantire un Pianeta abitabile e prospero per le prossime generazioni” – ha spiegato Gianluca Catullo, responsabile Specie e Habitat del WWF Italia – “È necessario un cambiamento epocale a livello globale, nazionale e locale, per far sì che i finanziamenti fluiscano nella giusta direzione. La COP16 è un’occasione unica per riconoscere, con investimenti adeguati, i benefici della natura per il benessere dell’umanità. È urgente mobilitare almeno altri 200 miliardi di dollari all’anno da tutte le fonti per la biodiversità entro il 2030, riducendo di almeno 500 miliardi di dollari l’anno i sussidi dannosi“.

C’è poi un altro paradosso che riguarda, nello specifico, il nostro Paese. È proprio l’Italia ad ospitare la COP16, anche se nella sede di un organismo internazionale come la FAO, ma al momento non ci sono rappresentanti istituzionali alla Conferenza Onu delle Parti sulla biodiversità. A denunciarlo è il WWF: “Nella conferenza stampa, nonostante sia stata annunciata ai negoziati di Roma la presenza di quasi 30 tra ministri e viceministri dei Paesi aderenti oltre alla commissaria all’Ambiente dell’Ue, non è stata citata la partecipazione di nessun ministro o sottosegretario italiano“.
L’Italia, d’altronde, tra tutti i Paesi del G7 è quello che ha meno rispettato gli impegni climatici, con un aumento dei sussidi ai combustibili fossili del 166% nel periodo compreso tra il 2016 e il 2023. “Ci auguriamo di essere presto smentiti dal governo, ma se confermata, questa mancanza di attenzione nei confronti di un appuntamento internazionale cruciale per il futuro di tutti noi rappresenterebbe un tragico errore, soprattutto a danno delle generazioni più giovani, che pagheranno un prezzo altissimo. La crisi di natura, oltre a ridurre il numero di specie animali e vegetali, metterà a serio rischio l’accesso ad acqua pulita, aria pulita e cibo sano” – prosegue il WWF – “Ci auguriamo quindi che il governo partecipi ai negoziati per fermare una crisi che, se non arginata, produrrà un impatto devastante su tutti noi e su chi verrà dopo di noi“.

Pubblicità
Articoli Correlati