i 5 rifiuti più difficili da riciclare in Europa

I 5 rifiuti più difficili da riciclare in Europa

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Il riciclo è una pratica fondamentale per proteggere l’ambiente, ma non tutti i rifiuti trovano facilmente una seconda vita. Ecco quali sono i cinque rifiuti più difficili da riciclare in Europa.

Una delle azioni principali in favore della tutela ambientale è il riciclo dei rifiuti. Attraverso la raccolta differenziata, una parte della spazzatura che produciamo può avere una seconda vita, magari sotto un’altra forma. Nel corso dei decenni molti Paesi, tra cui l’Italia, hanno migliorato sempre di più i tassi di raccolta differenziata. Tra raccogliere separatamente i rifiuti e riciclarli, c’è però una bella differenza. Nel 2023, in Unione europea, sono stati prodotti circa 511 kg di rifiuti urbani pro-capite. Di questi, però, solo il 48% è stato riciclato.

L’Ue sta premendo per aumentare queste stime. Per raggiungere il traguardo dell’economia circolare, due anni fa l’Europa ha fissato degli obiettivi per aumentare il riciclaggio e ridurre lo smaltimento in discarica.

Entro il 2025, il 55% dei rifiuti urbani e il 65% dei rifiuti da imballaggio dovranno essere predisposti per il riutilizzo o riciclati. Le previsioni, però, non lasciano ben sperare. Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, molti Paesi non riusciranno a raggiungere queste percentuali. Alcuni sono sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo complessivo di rifiuti da imballaggio, ma non quello di riciclo dei rifiuti urbani.

Tra i nove Stati con le maggiori possibilità di arrivare alla fine dell’anno al traguardo c’è anche l’Italia. Stando a quanto rilevato dal report sui rifiuti urbani dell’Ispra, nel 2023 i Comuni italiani hanno raggiunto o superato la percentuale di raccolta differenziata al 65%. Grecia, Polonia e Ungheria, invece, sembrano lontani dal raggiungere entrambi gli obiettivi fissati dall’Ue.

Ci sono però alcuni prodotti, cinque in particolare, davvero difficili da riciclare, su cui gli scienziati stanno lavorando per trovare una soluzione. Ecco quali sono.

1. I vetri per gli smartphone

In Europa, ogni anno, il 75% degli imballaggi in vetro viene riciclato. Ma non tutti i vetri sono uguali: alcuni sono molto più difficili da smaltire. Tra questi ci sono i vetri che vengono alterati chimicamente, come quello dei tubi dei raggi X, degli schermi LCD e degli smartphone. Fonderli nei forni convenzionali, come il resto del vetro, non è dunque possibile.

A meno che non si usi il laser. È quello che stanno cercando di fare ricercatori del progetto Everglass, finanziato dall’UE. Gli scienziati stanno creando un prototipo di macchina per il riciclaggio del vetro che utilizza un laser per fondere il vetro. “Per modificare la temperatura [nei forni] anche solo di un paio di gradi ci vuole molto tempo“, afferma a Euronews Juan Pou dell’Università di Vigo in Spagna.

Il laser, invece, può essere regolato alla temperatura necessaria per fondere ogni tipologia di vetro, anche quello medicale utilizzato negli ospedali, che spesso viene buttato via. “La qualità del vetro stesso è molto buona”, afferma Pou “Stiamo lavorando per riutilizzare questo vetro per altre applicazioni tecniche”.

2. I magneti delle turbine eoliche e dei monopattini

Nelle turbine eoliche, nei motori di auto, scooter e monopattini elettrici: negli ultimi quarant’anni, la domanda di magneti al neodimio è cresciuta sempre di più.

Oltre ad esserci un problema di approvvigionamento dei materiali per produrre i magneti – che l’Ue definisce “materie prime critiche” – finora non esiste un processo industriale o commerciale per riciclare i magneti al neodimio. I ricercatori sono al lavoro migliorare l’intero processo di riciclaggio, dalla raccolta alla creazione di nuovi magneti.

3. Gli scarti alimentari

Ogni anno, in Ue, si generano oltre 59 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari, circa 132 kg pro capite.

Lo scorso febbraio è arrivato l’ok del Consiglio e del Parlamento europeo per ridurre lo spreco alimentare e tessile. Seppur ancora provvisori, gli obiettivi fissati dall’Ue rappresentano un grande passo avanti.

Entro il 2030, è prevista una riduzione del 10% degli scarti prodotti dal processo di produzione alimentare, mentre sale al 30% l’obiettivo di riduzione degli sprechi alimentari originati dal settore HORECA e dalle abitazioni.

Lo smaltimento degli scarti alimentari, comunque, non è così semplice. I progetto Ue LANDFEED mira a trasformare i rifiuti dei ristoranti e dei servizi di ristorazione in fertilizzanti biologici adatti all’uso nelle aziende agricole. Un obiettivo difficile da raggiungere perché non tutti gli scarti di cibo sono uguali e le tecnologie per il trattamento sono ancora in fase iniziale. Il progetto si concentra sui processi e le tecniche per creare fertilizzanti sostenibili da utilizzare in agricoltura.

4. I pannolini

Un altro oggetto d’uso quotidiano che si è rivelato davvero complicato da riciclare è il pannolino. Le stime parlano di 46 miliardi di pannolini gettati ogni anno. In media, quelli usa e getta impiegano dai 150 ai 500 anni per decomporsi (le alternative biodegradabili circa 50).

Questi assorbenti – fondamentali per l’igiene del neonato – contengono dei polimeri che assorbono l’umidità e rendono il riciclo un processo difficile e costoso. Per questo motivo, la maggior parte dei pannolini finisce negli inceneritori.

Nei Paesi Bassi c’è un impianto pilota, costruito da Diaper Recycling Europe, in grado di separare tutti i materiali che compongono il pannolino e decontaminarli insieme alle acque reflue necessarie al processo.

5. I mozziconi di sigaretta

Gli ultimi della cinquina, ma non per importanza, sono i mozziconi di sigaretta. Vero e proprio incubo dei netturbini, questi rifiuti ricoprono strade e spiagge. Solo in Italia, ogni anno ne finiscono nell’ambiente 14 miliardi. Le oltre 7.000 sostanze chimiche contenute nei filtri non biodegradabili finiscono per inquinare l’ambiente, soprattutto quello marino.

In realtà, dare nuova vita ai mozziconi non sarebbe così difficile, il problema è la loro raccolta. Piccoli e difficili da separare dal resto della spazzatura, i resti delle sigarette sono un vero collo di bottiglia per il settore del riciclo.

Negli ultimi anni, diverse startup hanno cercato di risolvere il problema con dei posaceneri appositi in cui gettare i mozziconi per poi trasformarli in altri prodotti. Una di queste è l’italiana Re-Cig, che dai filtri estrae un polimero plastico, l’acetato di cellulosa. Il materiale ricavato viene macinato in granuli e utilizzato per le stampanti 3D. Un altro progetto italiano è “Riciccami”, le colonnine per la raccolta dei mozziconi destinati alla moda sostenibile.

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