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Aree interne, un destino ormai segnato?

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Il Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne, e anche il ddl Montagna, sembrano penalizzare, se non condannare, tutti quei piccoli Comuni d’Italia, e specialmente quelli montani. Il punto di vista della politica e le iniziative di quei giovani e amministratori che non hanno intenzione di arrendersi. 

Lo storico spopolamento che le aree interne e montane d’Italia hanno vissuto negli ultimi decenni, a partire dal Secondo dopoguerra, sta portando tanti piccoli Comuni ad un declino difficile da contrastare. Fa però discutere che il governo, in un passaggio del nuovo Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne (PSNAI), abbia certificato quello spopolamento come irreversibile, stabilendo la necessità di accompagnare una buona parte dei Comuni italiani in “un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento“.

Quel documento ha suscitato parecchie polemiche a livello politico, anche se le voci più disperate restano quelle dei non pochi abitanti di quei piccoli Comuni lontani dalle grandi città, che oltre ad un calo demografico devono fare i conti con un’offerta di servizi sempre più deficitaria. Come se non bastasse, ci sono anche altre criticità che arrivano dal testo del ddl Montagna, approvato alla Camera e in fase di valutazione anche in Senato.

Il disegno di legge prevede agevolazioni fiscali e contributive per chi compra casa o si trasferisce nelle aree montane, incentivi per medici e insegnanti, nuove deroghe per mantenere i plessi scolastici aperti, il potenziamento del trasporto pubblico o delle reti Internet, oltre ad un fondo per lo sviluppo della montagna da 200 milioni di euro all’anno. Quest’ultimo strumento, tuttavia, esiste già dal 2022 e verrà suddiviso dalla nuova legge: 100 milioni andranno a coprire le nuove agevolazioni previste, la restante metà verrà ripartita tra le Regioni e non tra le varie comunità montane. Se il fondo di per sé appare troppo esiguo per una vera inversione di tendenza, gli aspetti più preoccupanti arrivano dalla totale assenza di misure contro il dissesto idrogeologico e il consumo di suolo, o a favore delle green communities.

Tra le voci più critiche contro il nuovo Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne c’è quella di Toni Ricciardi, storico delle migrazioni, esperto di aree interne e di spopolamento, e deputato del Partito democratico.

A pagina 46 e 47 del documento c’è un passaggio allucinante: si sta tecnicamente sentenziando la morte delle aree interne e si sta dicendo che bisogna accompagnarle verso il fatibolo. Un fatto è che la politica rinuncia a riconvertire e a trovare la soluzione a problemi storici. Inoltre stiamo discutendo, proprio in queste ore, del ddl Montagna – che ritornerà al Senato perché sono stati approvati alcuni emendamenti – dove la classificazione dei Comuni montani si vogliono utilizzare solo i parametri socio-economici, non quelli demografici o delle distanza (Comuni marginali o ipermarginali rispetti ai veri centri di servizio). La politica sta abbandonando un patrimonio, che è l’ossatura di questo Paese: il 70% dei Comuni italiani sono piccoli Comuni, al di sotto dei 5.000 abitanti. Bisognerebbe ribaltare completamente la logica” – ha spiegato Toni Ricciardi – “In un passato tanto vituperato, come la Prima Repubblica, c’era un’attenzione molto maggiore verso i piccoli Comuni, che sono un patrimonio da Nord a Sud. Volerli penalizzare così è il disegno implicito che si collega all’autonomia differenziata di Calderoli. Se inserisci parametri socio-economici stai valorizzando esclusivamente i Comuni di confine, perché molti Comuni non risultano ricchi in base a quei parametri, perché in realtà molti abitanti lavorano oltre confine. Il giochino è questo, non è tanto complicato. C’è poco di romantico in tutto questo.

Ovviamente di opposta opinione è la collega Alessia Ambrosi, deputata di Fratelli d’Italia e componente di due Commissioni molto importanti per questo tema: quella delle Politiche dell’Unione europea e quella parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto.

Questo governo sta lavorando moltissimo sul tema delle aree interne perché rappresentano una ricchezza, sappiamo quanto il nostro territorio sia caratterizzato da queste aree ma si sta lavorando in modo molto importante. Faccio parte proprio della Commissione che se ne occupa proprio per investire e cercare di evitare lo spopolamento” – il punto di Alessia Ambrosi – “Stiamo investendo, si parlava molto dell’accorpamento dei Comuni, ma non è tanto questo: in realtà dobbiamo lavorare sui servizi, per fare in modo che si possa rispondere a qualsiasi esigenza degli abitanti ed evitare quindi lo spopolamento“.

Intanto, però, i piccoli Comuni cercano di adottare delle contromisure, associandosi tra di loro e firmando accordi di collaborazione anche con altre organizzazioni. Asia Trambaioli, vicesindaca di Gaiba, in provincia di Rovigo, è presidente dell’Associazione Comuni Virtuosi. E alla Camera dei deputati ha sottoscritto un protocollo di collaborazione con Give Back Giovani Aree Interne, un think tank di giovani e ricercatori che non si rassegnano alla ‘morte annunciata’ delle aree interne, fondato nel 2022 in Irpinia da Roberto Sullo e che oggi raccoglie adesioni da tutta Italia.

Parole dolorose, quelle contenute all’interno dell’obiettivo 4 del Piano Strategico Nazionale Aree Interne da poco ventilato dal governo, per cui si normalizza di fatto il declino perenne delle aree interne, che in realtà insistono in tutto il territorio d’Italia e che riguardano ben il 23% della popolazione nazionale. Aree dove di fatto, nonostante la sua caratteristica marginale rispetto ai centri urbani più popolati, insiste una forte progettazione locale, un forte attaccamento alla comunità, una resilienza che potrebbe consentire di avere una rivincita rispetto ai fattori attuali” – ha spiegato Asia Trambaioli – “Come Comuni Virtuosi, siamo una rete che coinvolge 160 comunità, la maggior parte delle quali residente in aree interne, e siamo qui a sostenere il contrario di quanto contenuto nel PSNAI. Quelle aree hanno bisogno di più strumenti di valorizzazione, di rinaturazione e di riqualificazione, e lo facciamo alla Camera dei deputati siglando un accordo con un’altra associazione che si occupa di aree interne, Give Back Giovani. L’obiettivo comune è promuovere progettazione locale, soprattutto servendosi di progetti e fondi come Pnrr, Erasmus+ e altri fondi europei, proprio per far rimanere i territori abili a costruire reti, a tessere relazioni e soprattutto a far rimanere le persone, specialmente i giovani“.

Give Back è un think tank di giovani delle aree interne, nato nel 2022 in Irpinia ma che oggi ha iscritti da tutta Italia. La nostra mission è quella di portare l’Europa, e in particolare gli strumenti europei come quelli del programma Erasmus, nelle periferie e nelle aree interne italiane. Tra le nostre iniziative ci sono soprattutto progetti Erasmus che realizziamo con cadenza annuale e che sono rivolti a quei giovani che vivono le nostre stesse condizioni: isolamento, distanza dai centri di erogazione dei servizi… Un po’ ciò che ci dice la Strategia Nazionale Aree Interne oggi, con accezione negativa” – il commento di Roberto Sullo – “Le aree interne vengono descritte come territori in cui non ha più senso investire, il documento del governo rappresenta la resa della politica che si autodelegittima. Noi invece vogliamo dare voce ai giovani, rilanciare le istanza da chi abita i territori, e l’accordo con i Comuni Virtuosi è importante perché non solo indica una strada del lobbying civico, e quindi costituisce un gruppo di pressione, ma fornisce anche agli amministratori e agli stakeholder in generale degli strumenti, delle strategie, delle buone pratiche per immaginare un futuro diverso, a partire dagli ultimi“.

La firma alla Camera tra le due associazioni è avvenuta grazie ad un’iniziativa di Ilenia Malavasi, deputata Pd e componente della Commissione Affari Sociali. Anche l’onorevole Malavasi dice la sua sul tema.

Il governo getta la spugna ma ovviamente non possono farlo gli enti locali, i primi protagonisti che contrastano la spinta allo spopolamento anche adottando progettazioni innovative. Sappiamo bene quanto le aree interne siano importanti per il nostro Paese: accolgono circa 4.000 Comuni, una popolazione importante e coprono circa il 60% del territorio nazionale. Non possiamo certo lasciar depauperare un patrimonio di relazioni, di servizi, di punti di riferimento importanti che garantiscono la tenuta del territorio, la coesione sociale e una capillarità di servizi strategica nel nostro Paese. Al netto delle scelte del governo, presentiamo un’esperienza virtuosa: si cerca di dare voce ai territori che non si arrendono rispetto allo spopolamento, che cercano di inventare nuove proposte e nuove sinergie, anche costruendo alleanze tra generazioni, tra amministratori e giovani, tra talenti del territorio, per costruire insieme nuovi percorsi formativi, nuove progettazioni, per attrarre finanziamenti e risorse in modo da continuare ad erogare servizi” – il punto di Ilenia Malavasi – “Sappiamo bene che gli enti locali sono stati particolarmente penalizzati dal governo, nelle varie leggi di bilancio ci sono stati tagli sempre più strutturati che vanno a indebolire la loro possibilità di dare risposte ai cittadini. Eppure, i Comuni sono il primo punto di riferimento e in questo caso Comuni Virtuosi e Give Back Giovani si mettono a lavorare insieme per sperimentare come utilizzare i talenti delle giovani generazioni, con giovani amministratori che hanno idee nuove e strumenti innovativi per costruire modelli di sviluppo ambientale sostenibili, anche per le relazioni umane che nei territori fanno la differenza“.

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