Uno studio internazionale, a cui hanno partecipato anche due ricercatrici italiane, ha analizzato i piani di adattamento ai cambiamenti climatici di 167 città dell’Unione europea e del Regno Unito. Molti di questi, non presentano misure sufficienti a rendere i centri abitati sicuri da inondazioni e ondate di calore: ecco per quali motivi.
Città europee bocciate o rimandate sui piani di adattamento ai cambiamenti climatici. Lo conferma uno studio internazionale a cui hanno partecipato anche due ricercatrici dell’Istituto di metodologie per l’analisi ambientale del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Imaa). Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Climate Change, ha valutato le strategie di 167 diverse amministrazioni comunali negli Stati membri dell’Unione europea e anche nel Regno Unito, evidenziando la necessità di miglioramenti nel 70% dei casi.
L’analisi si è basata su diversi criteri: l’allineamento tra rischi climatici individuati e azioni previste, la capacità di risposta nei diversi settori urbani, l’inclusione e la partecipazione dei gruppi socialmente vulnerabili alla fase di pianificazione e alla valutazione delle politiche. Il 52% dei piani di adattamento analizzati presenta un buon allineamento tra rischi individuati e misure proposte, il restante 48% identifica i rischi ma non propone azioni concrete. Un altro elemento di criticità è che nel 49% dei piani le varie misure proposte non tengono conto dei rischi del contesto locale.
La problematica più comune nei vari piani esaminati è il mancato coinvolgimento delle comunità vulnerabili, come anziani, persone a basso reddito e minoranze etniche. Una criticità che si riscontra soprattutto nelle città dell’Europa orientale. Nel Nord Europa e nel Regno Unito, invece, il problema più grave è rappresentato dalla poca coerenza tra rischi e obiettivi. “Le città spesso si dotano di piani di adattamento, ma in molti casi questi strumenti risultano parziali o disallineati, specialmente rispetto alla protezione delle fasce più vulnerabili della popolazione” – ha spiegato Diana Reckien, ricercatrice dell’Università di Twente, nei Paesi Bassi, che ha coordinato lo studio – “Una pianificazione non coerente può limitare l’efficacia delle politiche e ridurre la capacità di risposta ai cambiamenti climatici“.
“L’Europa si sta riscaldando a un ritmo doppio rispetto alla media globale e il 75% della popolazione vive in aree urbane esposte a rischi come inondazioni e ondate di calore. Per essere efficaci, i piani devono essere basati su dati solidi, coerenti con i rischi individuati e inclusivi dal punto di vista sociale” – il punto delle due ricercatrici italiane che hanno preso parte allo studio, Monica Salvia e Filomena Pietrapertosa – “È importante rafforzare le fasi di valutazione e partecipazione, con particolare attenzione alle disuguaglianze sociali, per rendere l’adattamento climatico più efficace e condiviso“. Lo studio internazionale rientra nelle attività dell’EURO-LCP Initiative, una collaborazione volontaria tra ricercatori di varie discipline, provenienti da tutta l’Europa, che ha l’obiettivo di sviluppare standard comuni per valutare i piani climatici locali e offrire strumenti operativi per sostenere le città nella costruzione di strategie più resilienti ed eque.