Polimeri PFAS, effetti anche su riscaldamento globale e sull’ozono

Polimeri PFAS, effetti anche su riscaldamento globale e sull’ozono

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Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), l’uso dei polimeri PFAS in ogni ambito (dai prodotti di consumo alle tecnologie verdi) oltre a contaminare ambiente e persone, può contribuire al riscaldamento globale e a ridurre lo strato di ozono.

I PFAS, sostanze perfluoroalchiliche, sono composti chimici ampiamente utilizzati nell’industria e si trovano in molti oggetti d’uso quotidiano. Negli ultimi anni, i cosiddetti “inquinanti eterni” sono al centro dell’attenzione a causa del loro impatto ambientale e sulla salute umana.

Idrorepellenti, oleorepellenti e resistenti alle alte temperature, i forever chemicals si possono trovare in padelle in teflon, indumenti impermeabili, imballaggi per alimenti, detergenti per la casa, vernici, e persino la carta igienica.

A causa della loro permanenza nell’ambiente queste sostanze chimiche sono state rilevate nell’aria, nel cibo, nell’acqua, nel suolo e persino nell’organismo umano, con conseguenze nocive per gli ecosistemi e per la salute.

Il report dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) lancia un nuovo allarme sui potenziali impatti dei forever chemicals durante il loro ciclo di vita. Il briefing esplora gli impatti dei polimeri PFAS e mette in luce le più recenti conoscenze sui loro potenziali effetti sulla salute, sull’ambiente e sul clima. Nel corso degli anni, numerosi studi hanno portato alla definizione dei PFAS, da parte dell’IARC, come sostanze “cancerogene per l’uomo”, riferendosi in particolare ai PFOA.

Gli impatti dei polimeri PFAS, costituiti da molecole più grandi rispetto ai composti “non polimerici”, sono stati finora considerati inferiori. Lo studio dell’AEA, però, esplora i potenziali effetti di questa parte di sostanze che costituiscono una parte significativa, dal 24 al 40%, del volume totale di PFAS sul mercato dell’Unione europea.

Utilizzati nei prodotti di consumo, nella produzione industriale e, sempre di più, nelle tecnologie green, i polimeri PFAS possono avere effetti gravi sui cambiamenti climatici e sulla riduzione dell’ozono.

Polimeri PFAS, i potenziali rischi per l’ambiente secondo il report dell’AEA

Secondo quanto emerge dal report, nonostante le loro dimensioni molecolari maggiori ne limitino l’assorbimento nelle cellule viventi (e quindi la potenziale tossicità), le sostanze chimiche utilizzate nella produzione di polimeri PFAS e i diversi sottoprodotti generati durante la loro produzione possono causare effetti tossici sui lavoratori, sull’ambiente e sulle comunità circostanti gli stabilimenti. Le molecole più grandi, inoltre, possono comunque degradarsi nel tempo in composti più piccoli e persistenti, più tossici rispetto a quelli originari.

Le analisi dell’AEA mostra anche quanto gli inquinanti eterni possano impattare anche sul clima. Durante la produzione di polimeri PFAS può verificarsi il rilascio di potenti gas serra (ad esempio trifluorometano – HFC-23) e di sostanze che possono degradare lo strato di ozono (ad esempio diclorofluorometano – HCFC-22).”

Ma non è finita qui. L’Agenzia, infatti, pone l’accento anche sulle difficoltà di riciclo dei polimeri PFAS. La loro presenza diffusa nei materiali di consumo può rappresentare una “futura barriera al riciclaggio”, vista la difficoltà nel rintracciare e separare questi materiali nella fase di smaltimento.

Queste sostanze oggi trovano impiego in un’ampia gamma di sistemi e settori specifici, tra cui tecnologie verdi, dispositivi medici, difesa e aerospaziale. Grazie a loro i prodotti aumentano le prestazioni e la durabilità, con chiari vantaggi per la società. Tuttavia, come si legge nel report, il ciclo di vita dei PFAS può incidere negativamente su ambiente e salute umana, con effetti anche sui cambiamenti climatici. “Questi effetti mettono in discussione i loro benefici complessivi. Questo briefing sottolinea inoltre la necessità di affrontare i diversi tipi di impatto causati nelle diverse fasi del ciclo di vita dei polimeri PFAS: produzione, utilizzo e fine vita, in modo da non trascurare gli impatti importanti”, spiega l’AEA.

PFAS in Europa, a che punto siamo?

A che punto siamo in Europa con la regolamentazione degli inquinanti eterni? Cristina Guarda, europarlamentare Verdi/ALE, ha spiegato a TeleAmbiente come procede il processo di divieto degli inquinanti eterni in Ue: “Il processo per bandire i PFAS dal commercio e dalla produzione in Europa sta avendo dei rallentamenti. La proposta avanzata da cinque Stati nel 2021 è al vaglio dell’ECHA (Agenzia europea delle sostanze chimiche) ma al momento sta subendo rallentamenti. Io credo che ci sia un po’ lo zampino delle pressioni lobbistiche del mondo della chimica”.

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