Questa sera, martedì 24 giugno, all’Arena del Barton Park di Perugia arriva l’attesissimo psichiatra, sociologo, educatore, saggista e opinionista Paolo Crepet, in scena con ‘Il reato di pensare’. “Il reato di pensare – sottolinea Crepet – è un impercettibile filo spinato che inibisce la mente di chi ancora vorrebbe immaginare senza paura di pensare a ciò che sta pensando.
Tutto pronto a Perugia, all’arena del Barton Park, per lo psichiatra, sociologo, educatore, saggista e opinionista Paolo Crepet, che questa sera, martedì 24 giugno, alle ore 21, sarà in scena con ‘Il reato di pensare’.
L’appuntamento nell’ambito del filone estivo della stagione Tourné, realizzato in partnership con la Fondazione Barton e il PostModernissimo e inserito nella rassegna artistico-culturale ‘L’Arena Festival’.
“‘Il reato di pensare’ – ha evidenziato Crepet – è un impercettibile filo spinato che inibisce la mente di chi ancora vorrebbe immaginare senza paura di pensare a ciò che sta pensando”.
“I potenti della terra, da sempre, ma anche semplici cittadini, basterebbe pensare alle relazioni sentimentali e familiari – leggiamo nella presentazione dell’evento – hanno temuto il pensiero libero. La storia insegna che i conflitti sono nati per sradicare, impedire, punire chiunque abbia cercato di esprimere le proprie opinioni”.
Il linguaggio, ogni forma espressiva, è lo strumento più facile da controllare; non il pensiero che rimane spesso celato, alimentando sospetti, paranoie, dubbi su fedeltà e obbedienza, disponibilità alla sudditanza, propensione al tradimento.
L’immaginazione è sempre più ricca e creativa delle parole e quindi risulta potenzialmente più pericolosa.
Molti sono convinti che il prossimo futuro consentirà nuove frontiere, avanzamenti, conquiste civili.
Nonostante le tante nuove guerre, alcuni grandi pensatori continuano ad essere convinti che lo spazio per le libertà continuerà ad ampliarsi.
“Questo spettacolo –ha spiegato Paolo Crepet- nasce invece da una sensazione diversa: stiamo lambendo un imprevisto quasi paradossale, un limite che silenziosamente sta facendo regredire la civiltà invece di garantirne un progresso. Qualcosa è andato storto ormai evidente anche a chi non vuole ammetterlo e preoccuparsene: viviamo una contraddizione lacerante”.
“Vedo attorno a me – ha sottolineato Crepet – gente confusa che in parte cerca nuove parole, mentre altri percepiscono una visione assottigliata dalle proprie, smisurate necessità individuali. Come se, abbattendo nuovi muri e pronunciando parole che solo qualche decennio fa sarebbero sembrate blasfeme, improvvisamente fossimo dominati dall’eco silenzioso di nuove paure generate dall’angoscia che quelle stesse nuove forme di libertà siano improvvisamente diventate abbagli, azzardi, pericoli, insuete forme di ansia e di inquietudine. Sta avanzando l’idea che le libertà debbano essere frammentate, limitate entro nuovi vocabolari, schemi”.
“Addomesticare le parole, quindi il pensiero che le genera – ha continuato Paolo Crepet parlando del suo appuntamento – porta alla normalizzazione che fa parte di una regola del nuovo marketing ideologico. Temo che possa accadere qualcosa di più: che si faccia avanti l’esigenza un nuovo ‘codice’ che disciplina il pensiero. Non saranno più la morale, l’etica o i sensi di colpa, ma un ritorno indietro all’idea che le parole, ma soprattutto l’ispirazione che le genera, debbano essere auto-inibite. Una forma di censura autoindotta che permetta un asservimento di massa”.
“Per ottenere questo – ha aggiunto – occorre un metodo efficace, una regola regina per evitare che il fiume libertario straripi e riporti la mostra comunità a una massa di individui controllabili non per le loro scelte, ma per ciò che le genera, il pensiero. Il reato di pensare inciderà sulla reciprocità, così svanisce la contaminazione culturale, emotiva, relazionale. Si arriva a essere atterriti delle proprie idee, dall’idea e dalla necessità di esporle”.
Libero artibrio
“Alla radice di ogni forma di libertà c’è il pensiero – ha ricordato Crepet – l’esercizio del libero arbitrio. Se per la prima volta nella storia dell’umanità si decidesse, senza nemmeno imbarazzarcene, che per seguire le regole del mercato e della politica si deve proibirlo, inibirlo, scioglierlo fino a frammentarlo a schegge insignificanti, che ne sarà della nostra immaginazione, del nostro genio che nasce dalla disubbidienza all’omologazione?”
“Limitando la formazione del pensiero – ha osservato Crepet – si potrà controllare il futuro. È una fantasia che non hanno solo molte aziende, ma anche politici, capi spirituali, intellettuali. Sono le persone che vorrebbero un’umanità attanagliata dalla paura dell’idea stessa di riflettere? Al posto di un futuro fantastico e gioioso, c’è chi vorrebbe indurre ognuno a imprigionare la propria mente, diventando replicanti, inibiti nella critica e del dubbio”.
Libertà di pensiero a rischio?
“Il reato di pensare – ha detto ancora Crepet – non ha bisogno di nuove leggi, anche perché a ben guardare esiste già senza che ce ne siamo accorti. Quante forme di ‘politicamente corretto’ stanno distorcendo la formazione dell’ideazione, quanti veti ideologici e contro- ideologici stanno costruendo nuove gabbie invisibili ma paralizzanti, quante censure e autocensure ci stiamo imponendo pensando che siano nuove forme di libertà?
“Se l’espressione libera del pensiero diventa un ostacolo a un futuro basato su nuovi dogmi, steccati ideologici, algoritmi inventati per controllare ogni sillaba – ha concluso Paolo Crepet – che fine faranno l’innovazione, il prodigio, la creatività che non si bada sulla replica? Chi scoprirà le Nuove Indie? Chi troverà il coraggio di cercare l’originalità della nostra mente?”
Tutte le informazioni sui prossimi appuntamenti in calendario sono su: www.tourneumbria.it – www.bartonpark.it