Processo Miteni, Acquevenete Giustizia per ambiente e cittadini

Processo Miteni, Acquevenete: “Giustizia per ambiente e cittadini”

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Il processo Miteni sulla contaminazione da PFAS in Veneto volge alle fasi finali: Acquevenete, società pubblica che gestisce il servizio idrico costituita parte civile nel procedimento, chiede “giustizia per ambiente e cittadini”.

La sentenza di primo grado relativa al processo Miteni sulla contaminazione da PFAS in Veneto è attesa per giovedì 26 giugno. La Corte di Assise di Vicenza potrebbe emettere una sentenza storica in uno dei procedimenti giudiziari più rilevanti in materia ambientale in Italia.

I 15 ex manager e dipendenti della società chimica sono accusati di avvelenamento di acquedisastro innominatoinquinamento ambientale ex articolo 452-bis e reati fallimentari. Per gli imputati è stata chiesta una condanna che arriva complessivamente a 121 anni e 6 mesi, e le richieste di risarcimento delle parti civili hanno superato i 100 milioni di euro.

Nel processo, tra le numerose parti civili c’è anche Acquevenete SpA – società pubblica che gestisce il servizio idrico integrato in 107 Comuni – che si aspetta uno verdetto che possa segnare un precedente storico, capace di dissuadere altre aziende da comportamenti illeciti.

La costituzione di Acquevenete come parte civile – ha dichiarato in una nota dell’azienda – nasce dalla necessità di difendere il diritto dei cittadini a un’acqua sicura e pulita, a fronte di una contaminazione che ha colpito sei Comuni del proprio territorio, ricadenti nella cosiddetta ‘area rossa’, quella a massima esposizione sanitaria da PFAS. È in queste aree che l’inquinamento ha avuto gli effetti più gravi, rendendo l’ente parte lesa diretta in uno dei casi di contaminazione ambientale più vasti mai affrontati nel Paese”.

L’azienda ha spiegato che negli anni ha investito 35 milioni di euro per la messa in sicurezza dell’acqua destinata alle popolazioni coinvolte, realizzando nuove infrastrutture, potenziando gli impianti esistenti e introducendo nuovi sistemi di filtrazione. Acquevenete, difesa in aula dall’avvocato Angelo Merlin, ha evidenziato il suo impegno per garantire un’acqua priva di PFAS e la responsabilità degli imputati nella contaminazione. La società di servizio idrico ha chiesto un risarcimento di 8 milioni di euro.

“Il reato su cui ci siamo maggiormente soffermati è quello di disastro volontario ambientale”, ha dichiarato Merlin, sottolineando come “il dibattimento abbia dimostrato che la contaminazione delle acque ha origine nello stabilimento Miteni e si estende fino ai pozzi destinati all’uso potabile, arricchendosi proprio sotto l’area industriale”.

Secondo il legale, all’interno dell’azienda “non venivano eseguiti i controlli previsti dalle norme e, laddove apparivano rispettati, ciò avveniva con falsità nelle comunicazioni agli enti pubblici”. Merlin ha parlato apertamente di un “ente criminale dal punto di vista criminologico” e denunciato il fatto che, ad oggi, “nessuno ha ancora posto fine alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche”.

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